Pegno mobiliare non possessorio: una disciplina completa? - DB

2023-02-28 14:13:06 By : Mr. kai shi

Le modifiche motivate dall’andamento dei tassi d’interesse e dell’inflazione

Massimiliano Danusso, Partner, Focus Team Debt Capital Market, BonelliErede

Ilaria Parrilla, Senior Counsel, Focus Team Debt Capital Market, BonelliErede

Giorgia Bucaria, Trainee, Focus Team Debt Capital Market, BonelliErede

Il presente contributo analizza il tema del pegno mobiliare non possessorio nel contesto dell’approvazione delle specifiche tecniche per la presentazione delle domande di iscrizione al registro approvate nell’ultimo recente Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 gennaio 2023, pubblicato in GU il 23 gennaio 2023, relativo all’approvazione delle specifiche tecniche per la redazione, trasmissione delle domande di iscrizione del pegno non possessorio nonché la registrazione del diritto reale di pegno (di seguito, il Provvedimento),[1] segna l’ultima tappa di un travagliato iter legislativo per l’attuazione del pegno mobiliare non possessorio nell’ordinamento italiano.

Il Provvedimento chiarisce le modalità di funzionamento del registro dei pegni mobiliari non possessori (di seguito, il Registro), aggiungendo così il tassello fondamentale per l’attuazione dell’istituto del pegno mobiliare non possessorio, in assenza del quale il perfezionamento ed opponibilità di tale garanzia reale non sarebbe altresì possibile.

Come noto, il pegno non possessorio è un istituto dalla portata estremamente innovativa per il sistema giuridico italiano. L’introduzione di tale tipologia di garanzia reale è infatti volta a garantire un più facile accesso, da parte delle imprese, al credito, senza pregiudizio significativo rispetto all’utilizzo da parte di queste ultime dei propri beni concessi in garanzia, considerata l’assenza del requisito dello spossessamento da parte dell’impresa concedente pegno dei beni oggetto di garanzia, ai fini del perfezionamento del vincolo. La conservazione del potenziale produttivo dell’imprenditore e della sua libertà di azione è garantita anche dalla rotatività del vincolo pignoratizio. Il debitore, infatti, potrà disporre del bene o del credito impegnato liberamente (salvo patto contrario). In tal caso, la garanzia reale verrà trasferita sui proventi della disposizione del bene.[2] Inoltre, tale istituto, comporta aumentate tutele per il creditore, quali la veloce autotutela esecutiva per procedere ad una pronta escussione in caso di inadempimento delle obbligazioni garantite da tale pegno.[3]

Tuttavia, mancando dello spossessamento del bene in pegno quale elemento di perfezionamento ed opponibilità del vincolo pignoratizio nei confronti dei terzi, l’esistenza del vincolo potrebbe risultare di difficile identificazione da parte dei terzi.  Il bene, infatti, non entrando mai nella sfera giuridica del creditore e rimanendo, al contrario, nella disponibilità del debitore, non restituisce, ai terzi che con il debitore interagiscono, un’apparenza giuridica tale da consentire loro di individuarlo come bene gravato da una garanzia reale. Per tali ragioni, a tutela dei terzi, è stato prevista la necessaria iscrizione del vincolo pignoratizio, in un registro, consultabile da tutti i soggetti interessati, che indichi quali beni o crediti sono gravati dal pegno e a quali condizioni.

Pertanto, in tale contesto il Provvedimento assume una importanza fondamentale: consente al pegno non possessorio di realizzare la sua ratio nella pratica, ossia coniugare il vantaggio pratico per l’impresa debitrice e il favor giuridico per il creditore con un alto grado di protezione per i soggetti terzi e gli operatori sul mercato.

Il Provvedimento non si discosta dall’articolato del regolamento contenuto nel decreto interministeriale MEF/MG n. 114/2021, contenente il Regolamento disciplinante l’istituzione e il funzionamento in generale del Registro presso l’Agenzia delle Entrate (di seguito, il Regolamento),[4] limitandosi a fornire una serie di indicazioni di stampo meramente tecnico e procedurale a completamento dell’operatività dell’istituto del pegno non possessorio.

In particolare, il Provvedimento riporta le specifiche tecniche per la redazione e la trasmissione delle domande e dei titoli (artt. 2-4) e le modalità per la registrazione del titolo nel registro pegni (art. 5). Sono inoltre specificate le modalità di pagamento delle somme necessarie al fine della corretta registrazione del titolo e dell’esecuzione delle relative formalità (art. 6) e il rilascio e la trasmissione ai soggetti interessati di ricevute per i vari passaggi procedurali necessari alla registrazione (art. 7) e del certificato di eseguita formalità (art. 8, co. 1).

Infine, vengono disciplinate le ipotesi in cui l’inserimento del pegno non possessorio nel registro non vada a buon fine, a causa di irregolarità procedurali, quali la mancata trasmissione della domanda (art. 3, co. 2), la difformità della stessa dalle specifiche tecniche allegate al Provvedimento stesso (art. 3, co. 1), l’omesso o insufficiente versamento delle somme dovute (art. 6, co. 2).

In allegato al Provvedimento è inoltre riportato il modulo da compilare, in modalità telematica, per la corretta trasmissione della domanda di registrazione.

Nonostante l’emanazione del Provvedimento completi, in teoria, il percorso legislativo e amministrativo di attuazione dell’istituto giuridico del pegno mobiliare non possessorio nel nostro ordinamento, il Registro non risulta essere ancora attivo. Ne consegue, pertanto, un ennesimo impedimento all’operatività della garanzia reale di nuova introduzione.

Ai sensi del Regolamento, infatti, il registro potrà iniziare a ricevere in trasmissione le domande e procedere alla registrazione dei pegni solo dopo la pubblicazione di un apposito comunicato sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, che dia avviso dell’operatività del registro (art 12, co. 2 e 3).

Tale comunicato, tuttavia, non è ancora presente sul sito dell’Agenzia, con ciò ulteriormente ritardando l’implementazione, nella pratica, dell’istituto del pegno non possessorio che, non potendo essere registrato, non potrà essere perfezionato e, conseguentemente, essere reso opponibile ai terzi (incluso in caso di procedure di liquidazione giudiziale o concorsuali).

Pur rimanendo in attesa dell’effettiva attivazione del registro, il Provvedimento e il suo allegato completano, in teoria, la disciplina giuridica del pegno non possessorio che ad oggi, ove costituito, sarebbe in ogni caso valido e vincolante per il costituente il vincolo e il beneficiario dello stesso. L’ultimo Provvedimento fornisce in ogni caso utili indicazioni quanto alle modalità operative del pegno non possessorio .

Inoltre, il modulo fornito in allegato al Provvedimento per la presentazione in via telematica delle domande sembrerebbe chiarire alcuni degli interrogativi che erano rimasti aperti a seguito dell’emanazione del Regolamento e del Decreto Legge 59/2016, recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonchè a favore degli investitori in banche in liquidazione”, che per primo aveva previsto l’istituzione del pegno non possessorio nel nostro ordinamento (di seguito, il Decreto).[5]

In primo luogo, viene confermato che il registro opererà prevalentemente su base digitale e telematica. L’art 5, co. 1 chiarisce che la registrazione del titolo avviene telematicamente, salvo nel caso in cui essa sia disposta per provvedimento dell’autorità giudiziaria o per scrittura privata autenticata giudizialmente. Inoltre, la domanda di registrazione dovrà essere firmata digitalmente e trasmessa per via telematica al conservatore del Registro (art. 4). Anche il titolo, ovverosia il contratto costitutivo del vincolo pignoratizio, dovrà essere trasmesso e depositato per via telematica (art. 4).

A tal proposito, si rileva come appaia risolto il tema operativo nascente dal fatto che il Decreto, all’art. 1 co. 6, non richiede il deposito di una copia autentica del contratto costitutivo di pegno  ma solo la comunicazione di alcuni dati relativi al titolo. Il Provvedimento, al contrario, sancisce che, solo a seguito della corretta trasmissione al conservatore del Registro del titolo costitutivo del pegno e della domanda,  è possibile considerare la registrazione del titolo correttamente effettuata (art. 5, co. 1), confermando dunque l’assoluta imprescindibilità del deposito del contratto costitutivo del pegno al fine dell’opponibilità ai terzi del vincolo pignoratizio.

Il Provvedimento, inoltre, crea un sistema di ricevute telematiche a favore delle parti richiedenti. Al termine del processo di registrazione l’art. 8 prevede il rilascio, per via telematica, di un certificato di eseguita formalità che riporti la data e il numero dell’iscrizione nel registro. Inoltre, le parti otterranno delle ricevute a seguito del corretto compimento dei vari passaggi procedurali della registrazione, in particolare per l’avvenuta ricezione del titolo e i pagamenti delle somme necessarie alla corretta registrazione (art. 7).

Quanto al pagamento dei tributi necessari al fine della registrazione, il Provvedimento si limita a stabilire che sarà compito degli uffici competenti controllare il pagamento per l’esecuzione delle formalità necessarie alla registrazione e che sarà possibile chiedere, al soggetto trasmittente, il versamento delle somme eventualmente mancanti (art. 7). Sembrerebbe inoltre possibile, sempre ai sensi dell’art. 7 (co. 2), imputare gli importi dei versamenti precedenti, nel caso di domande non accettate, ad una eventuale nuova domanda (art. 7, co. 3).

Si prevede, tuttavia, che le modalità per il versamento delle somme dovute ai fini della registrazione avvenga secondo le modalità previste da un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sentito il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (art. 7, co. 2 Regolamento e art. 6, co. 1 Provvedimento).

Il provvedimento in questione non risulta però essere stato emanato, con ciò impendendo de facto una completa  e corretta registrazione dei titoli, nonché l’opponibilità ai terzi dei vincoli pignoratizi così creati. Ai sensi dell’art. 5, co.3, infatti, la formalità di registrazione può dirsi completa solo se la domanda risulta conforme alla disciplina relativa all’imposta di registro.

L’assenza del provvedimento in materia di versamento dei tributi sembrerebbe quindi impedire (come l’assenza del comunicato), nella pratica, il funzionamento del registro, con ciò ritardando ulteriormente l’attuazione dell’istituto del pegno non possessorio.

Infine, viene specificato che, qualora le indicazioni del Provvedimento non siano state correttamente eseguite dal soggetto trasmittente, il conservatore del Registro è tenuto a rifiutare la domanda e a restituire la domanda e il titolo costitutivo al trasmittente per via telematica. La domanda deve essere corredata da una indicazione circa i motivi del rifiuto (art. 8, co. 2). Il Provvedimento menziona, inoltre, espressamente il caso in cui la domanda risulti incompleta o tramessa in modalità non telematica (fatte salve le eccezioni di cui all’art. 5, co. 1) e il caso in cui i tributi non siano stati correttamente pagati, sanzionando queste ipotesi con l’irricevibilità della domanda.

Rimane dubbia, invece, la disciplina applicabile agli ulteriori profili di problematicità eventualmente rilevati, tra cui, ad esempio, un’invalidità del rapporto sottostante o del titolo costitutivo il vincolo.

L’esame della modulistica in allegato al Provvedimento, nonostante appaia in Gazzetta Ufficiale in un formato poco chiaro (probabilmente a causa dell’assenza della schermata telematica), fornisce interessanti spunti di analisi, innanzitutto in quanto  consente di identificare, nella pratica, quali informazioni dovranno essere trasmesse dalle parti per registrare il titolo di pegno.

In primo luogo, le parti sono tenute a comunicare al conservatore quale modalità di registrazione preferiscono tra la deposizione disgiunta di titolo e domanda o la redazione congiunta degli stessi con firma digitale (art. 2, co. 1 Provvedimento)

Inoltre, sarà necessario specificare che tipo di domanda si stia trasmettendo al conservatore. Le opzioni che il modulo offre rispondono a quanto previsto dalla normativa. Il soggetto richiedente, infatti, potrà incardinare la richiesta tra le “iscrizioni” (nuova iscrizione, rinnovazione) o tra le “annotazioni”, tra cui figurano le richieste di cancellazione, le notifiche nel caso in cui sopravvengono delle vicende modificative soggettive del titolo costitutivo o una alienazione o modificazione del bene oggetto di pegno.

Vi sono infine dei dati aggiuntivi da fornire in situazione specifiche, ad esempio nel caso in cui si voglia imputare ad una nuova registrazione le somme già pagate per una domanda rifiutata, o nel caso in cui la domanda sia un’annotazione relazionata ad un pegno già registrato.

Circa i beni o crediti oggetto di pegno, la parte richiedente dovrà anzitutto includere la dichiarazione del debitore o del terzo datore di pegno attestante che i beni o crediti oggetto di pegno sono dei beni relativi all’esercizio dell’impresa.

Più significativamente, bisognerà poi dichiarare se i beni o i crediti dati in pegno risultino gravati da una precedente e ulteriore garanzia o se l’acquisto del bene già gravato da pegno non possessorio sia stato finanziato con un credito garantito da riserva di proprietà o da altro pegno non possessorio, secondo quanto richiesto dall’art. 3, co. 2, lett. (o) del Regolamento.

Tale ultima previsione assume una speciale importanza in virtù del fatto che i crediti concessi per finanziare l’acquisto di un bene specifico, se garantiti da riserva di proprietà o da pegno non possessorio (anche iscritto successivamente), prevalgono sul pegno non possessorio iscritto anteriormente a condizione che al momento dell’iscrizione successiva il creditore si sia curato di informare i titolari dei crediti garantiti dal pegno antecedente.

Infine, il soggetto trasmittente dovrà indicare i dati identificativi dei beni o dei crediti oggetto di pegno, la relativa categoria merceologica, l’ubicazione dei beni, il “tipo di diritto di proprietà”[6] da cui sono caratterizzati e gli eventuali ulteriori dati relativi ai beni o ai crediti per permetterne l’identificazione.

È dato modo alle parti di inserire, nella domanda in trasmissione, anche una serie di informazioni circa il titolo costitutivo del vincolo pignoratizio. In prima istanza si dovrà indicare la forma del titolo tra quelle autorizzate dalla normativa (atto pubblico, scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, contratto sottoscritto digitalmente o provvedimento dell’autorità giudiziaria), dichiarando anche la data di stipula dell’atto, il pubblico ufficiale che ha redatto l’atto e i dati identificativi dei soggetti coinvolti.

Le parti dovranno poi riportare l’importo massimo garantito dal pegno (secondo quanto previsto dall’art. 3, co. 2, lett. (g) del Regolamento) e i dati relativi al credito presente garantito o al rapporto giuridico da cui potrebbe sorgere il credito futuro (ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. (h) del Regolamento).

Sarà infine necessario includere le clausole relative all’eventuale patto di rotatività, la descrizione delle vicende modificative o estintive del titolo costitutivo originario, nonchè l’accordo delle parti in merito alla facoltà, in capo al creditore, di locare o appropriarsi del bene in caso di escussione e, in capo al concedente, di alienare o altrimenti trasformare il bene oggetto di pegno.

Si rileva anche come la modulistica allegata al Provvedimento risulta essere utile per chiarire alcuni dubbi interpretativi che residuavano dall’analisi del precedente Regolamento, di seguito analizzati

Già l’art. 3, co. 5 del Regolamento aveva previsto la possibilità di redigere il titolo unitamente alla domanda con sottoscrizione digitale dei contraenti. Il Provvedimento, che pure conferma questa possibilità (art. 2, co. 1) non fornisce ulteriori indicazioni circa le modalità operative con cui le parti potranno concretamente accedere a questa facoltà. Il modulo in allegato, però, riserva un campo telematico proprio a questa informazione (offrendo un’alternativa tra “redazione congiunta” e “titolo esterno”). Viene inoltre chiarito, a margine, che  “domanda e titolo sono documenti distinti anche nel caso di redazione congiunta”. Questo sembrerebbe quietare i dubbi che ancora sussistevano circa il rapporto tra l’irricevibilità della domanda e l’eventuale invalidità del titolo, potendosi in teoria configurare l’ipotesi in cui il titolo di pegno risulta correttamente costituito anche nel caso di irricevibilità della domanda. In particolare, sembrerebbe che il pegno possa dirsi costituito correttamente una volta che siano stati compilati i campi descritti, nel modulo in allegato, come “indicazioni relative all’iscrizione essenziali ai fini della valida costituzione della garanzia reale”.[7]

Il modulo allegato al Provvedimento consente, infine, una migliore identificazione dei confini di applicabilità oggettiva dell’istituto del pegno mobiliare non possessorio.

In particolare, si rileva il dibattito, in dottrina, circa l’effettiva possibilità di creare un pegno non possessorio sui diritti di proprietà industriale. Infatti, se da un lato, l’ammissibilità del pegno su beni immateriali[8] dovrebbe portare gli interpreti a ritenere che la costituzione di un vincolo pignoratizio non possessorio su tali beni sia possibile, d’altra parte va considerato che la proprietà industriale è anche essa soggetta ad una forma di registrazione, con ciò escludendola, in teoria, dalla disciplina del pegno non possessorio in quanto mobile registrato.[9] Quella parte di dottrina che opta per una sicura esclusione, ricorda anche, oltre al dato testuale sull’ambito oggettivo della disciplina, il potenziale pregiudizio alle esigenze che sottendono al regime di pubblicità dei beni immateriali in questione.[10] In altre parole, in assenza di un raccordo tra i dati inseriti nel registro dell’UIBM per la proprietà industriale, si andrebbe a ledere il regime di pubblicità di detti beni.[11]

Se è vero che bisognerà attendere l’operatività del registro per dare una risposta definitiva al quesito in oggetto, è possibile ritenere più probabile che il legislatore abbia optato per una ammissibilità del pegno mobiliare non possessorio sulla proprietà industriale. Infatti, nel modulo in allegato al Provvedimento (p. 20 GU) si richiede che la domanda in trasmissione specifichi il tipo di diritto di proprietà insistente sul bene (“Tipo Diritto Proprietà”). Il modulo, tra le alternative possibili, offre anche quella della proprietà industriale, con ciò validando l’ipotesi che anche tali beni siano inclusi nella disciplina in oggetto.

Un simile problema era stato sollevato in merito alle quote di SRL (anche esse soggette ad una forma pubblicitaria presso il registro delle imprese). Quanto a queste, tuttavia, non sono presenti specifiche nell’ultimo Provvedimento e non paiono esserci elementi da prendere in considerazione nella modulistica in allegato al Provvedimento medesimo. Una definitiva soluzione del dibattito dovrà attendere l’attivazione del registro, anche se il dato testuale dell’art. 3, co 2, lett. (i), n. 6 del Regolamento sembra includere le partecipazioni in generale, non limitandosi alle azioni delle SPA.[12]

Nonostante il panorama normativo dell’istituto del pegno mobiliare non possessorio sia pressoché completo, come menzionato in precedenza, la mancanza del comunicato di attivazione del registro sul sito dell’Agenzia delle Entrate e l’assenza dell’ulteriore provvedimento relativo alle modalità per versare i tributi impediscono una piena operatività dell’istituto. In assenza di registrazione, infatti, non risulta possibile perfezionare il vincolo pignoratizio e renderlo opponibile ai terzi, così limitando significativamente l’operatività della disciplina.

Inoltre, l’assenza delle specifiche riguardo al pagamento dei tributi impediscono di valutare compiutamente l’impatto, in termini di costi, per l’imprenditore costituente il pegno, derivante dall’utilizzo di tale garanzia reale.

Nel caso in cui il regime di tassazione e le imposte di registro si rivelino eccessivamente gravose, infatti, potrebbe risultare difficile, specialmente per le piccole realtà, caratteristiche del tessuto imprenditoriale italiano, avvalersi dell’istituto, soprattutto nel caso in cui il credito da garantire sia di entità modesta. Sperabilmente, l’Agenzia delle Entrate e la Ragioneria Generale dello Stato terranno conto di queste esigenze nella redazione del provvedimento circa i contributi dovuti ai fini della corretta registrazione del titolo.

Vanno rimandate anche le considerazioni circa la facilità di consultazione del registro stesso, che potranno essere esaminate solo una volta che il registro sarà effettivamente operativo. Ci si vuol limitare, in questa sede, a notare come sarebbe stato forse consigliabile, sul modello delle Companies Houses nel Regno Unito, favorire una più semplice consultabilità tramite un accentramento dei registri presso le Camere di Commercio, piuttosto che disperdere le informazioni costituendo un nuovo registro presso l’Agenzia delle Entrate.

Similmente, si dovrà aspettare una reale operatività del registro per valutare la gravosità degli adempimenti successivi alla registrazione, quali l’obbligo di trasmettere annotazioni al Registro in merito all’eventuale trasformazione o alienazione dei beni. Pur riconoscendo, infatti, la necessità di identificare correttamente i beni a garanzia dei terzi e della natura reale del vincolo, l’obbligo potrebbe presentarsi come eccessivamente gravoso soprattutto all’interno di quelle realtà imprenditoriali caratterizzate da un alto grado di trasformazione all’interno del processo produttivo.

In attesa che l’Agenzia delle Entrate proceda all’emissione dei provvedimenti sopra menzionati, e che sia dunque possibile procedere ad alcune valutazioni a posteriori di tipo più empirico sulla reale portata dell’istituto del pegno mobiliare non possessorio, rileviamo comunque le potenzialità pratiche dell’istituto, apprezzandone in particolare la flessibilità dello stesso.

Il pegno mobiliare non possessorio, proprio grazie al fatto che non richiede lo spossessamento del bene del debitore pur mantenendo un alto livello di protezione del credito, resta uno strumento particolarmente utile. Da un lato, infatti, il debitore potrà accedere ad una aumentata liquidità senza che il ricorso al mercato del credito garantito comporti necessariamente una diminuzione della capacità produttiva dell’impresa. Il chiaro vantaggio per le imprese, in questo caso, riesce a coniugarsi anche con un vantaggio per i creditori stessi. La neutralità della garanzia rispetto al potenziale produttivo dell’impresa, infatti, andrebbe a beneficio anche dei creditori, i quali potranno confidare nel fatto che sarà proprio il profitto dell’impresa a ripagare il credito concesso.

Ciò si aggiunge allo spiccato favor creditoris che caratterizza l’istituto. Nel caso di inadempimento, infatti, una volta espletate le relative formalità, il creditore potrà accedere ad una serie di ipotesi di autotutela esecutiva che, rafforzandone la posizione, faciliteranno anche l’accesso al credito e la riduzione dei costi per i debitori stessi. La misura deve essere accolta con favore, soprattutto notando l’enorme passo avanti rispetto alla situazione tratteggiata dalla relazione della Banca Mondiale del 2016 che aveva collocato l’Italia all’ultimo posto tra i paesi OCSE per il livello di tutela dei creditori.[13]

Inoltre, l’istituto è un grande traguardo in tema di flessibilità delle garanzie del credito, che era stato evidenziato come uno delle principali criticità per il sistema imprenditoriale italiano già dagli studi effettuati dalla Commissione Rordorf nel 2015[14] e da numerosi studi in materia.[15]

Questi elementi parrebbero confermati anche da un recente studio empirico effettuato da Supply@me Capital, che stima che dalla misura in oggetto potrebbe derivare una iniezione di liquidità pari a Euro 7,7 miliardi per le imprese italiane.[16] Tale stima è stata effettuata proprio guardando alle imprese che più potrebbero trarre giovamento della misura, ossia quelle che abbiano chiuso gli ultimi tre anni con un bilancio in attivo e che possiedano un magazzino ad alta rotazione (minimo una volta all’anno).[17]

A valle di queste considerazioni di carattere generale, però, e volendo individuare quali siano i settori e le specifiche operazioni che più di altre potrebbero beneficiare dell’introduzione del pegno non possessorio, è possibile trarre alcune conclusioni preliminari, soprattutto guardando al pressochè analogo istituto della floating charge nell’ordinamento inglese.

Proprio a causa della naturale rotatività dell’istituto, infatti, le imprese che più di altre gioverebbero dell’introduzione del pegno non possessorio nel nostro ordinamento sembrerebbero essere le imprese manufatturiere che gestiscono processi ad alto grado di trasformazione. I beni a cui la garanzia non possessoria meglio si addice, infatti, sono proprio le materie prime, i semilavorati e le merci in magazzino.[18] Questi, essendo in prima istanza coinvolti nel processo produttivo, più di tutti mutano e vengono trasformati nella value chain, con ciò mal adattandosi a forme di garanzia che prevedano lo spossessamento del bene o la sua immutabilità.

Proprio per questo motivo, sono le operazioni di inventory monetisation che potrebbero subire un rilancio nel nostro sistema industriale a seguito della implementazione del pegno non possessorio.[19] L’istituto permetterebbe, infatti, alle imprese di cedere il proprio magazzino a società di trading che poi lo utilizzerebbero per garantire ulteriori finanziamenti presso altre istituzioni finanziarie così ottenendo un accesso al credito più immediato ed economico, ottenendo in questo modo un ulteriore flusso di capitale circolante. Le imprese stesse, inoltre, a prescindere dalla loro realtà dimensionale, potrebbero beneficiare di una smobilizzazione del proprio magazzino, anche senza ricorrere ad intermediari.[20] Se è certamente vero che pressoché tutte le imprese che trattino con magazzini ad alta mobilità potrebbero beneficiare dalla costituzione di pegno non possessorio sulle merci in magazzino, è altrettanto evidente che quei settori caratterizzati da un alto valore del prodotto finale saranno quelli che più facilmente potranno procedere ad una tale operazione. Si pensi, ad esempio, al settore del lusso o al mercato delle opere d’arte.[21]

Per ragioni simili, l’utilizzo del pegno non possessorio potrebbe apportare notevoli benefici nell’industria agro-alimentare. Le imprese operanti in tale settore, infatti, in aggiunta a presentare un alto grado di trasformazione del prodotto originale, sono anche caratterizzate, alle volte, da particolari necessità quanto alla conservazione del prodotto, che mal si conciliano con lo spossessamento del bene.[22] Non a caso, è stato proprio il settore agro-alimentare a fungere da laboratorio per le prime forme di garanzia non possessoria previste dal nostro ordinamento.[23]

Al contrario, non sembra che le imprese il cui attivo si costituisce prevalentemente da crediti potranno sfruttare pienamente il potenziale della misura, soprattutto in tempi di crisi e incertezza economica. Come notato da studio della Banca di Italia, infatti, nel caso l’impresa abbisogni di ulteriore liquidità, provvederà da sè a escutere i crediti liquidi ed esigibili, e, d’altra parte, poco senso avrebbe per un creditore concedere del credito garantito da crediti poco sicuri e di difficile escussione.[24]

Nel settore bancario, d’altra parte, è possibile che, al pegno non possessorio, vengano preferiti strumenti e istituti già largamente utilizzati, quali ad esempio il privilegio speciale bancario o la floating charge di matrice anglosassone, da tempo in uso nella pratica commerciale.[25] Proprio la novità dell’istituto del pegno non possessorio, infatti, potrebbe portare gli operatori nel settore bancario a preferire strumenti di garanzia del credito più collaudati e dall’apparato normativo meglio definito.

Infine, l’istituto potrebbe anche donare nuovo dinamismo alle relazioni commerciali tra imprenditori. Ad esempio, il pegno non possessorio potrebbe garantire operazioni quali la consegna di merci in anticipo rispetto al pagamento o la dilazione di pagamento rispetto a debiti già esistenti. In entrambi i casi, la costituzione di un vincolo pignoratizio, eventualmente costituito sullo stesso bene oggetto di consegna, a garanzia del debito, potrebbe fornire ulteriore sicurezza agli imprenditori, così agevolando tali operazioni.[26]

In conclusione, visti gli indubbi benefici in termini di ammodernamento e flessibilità apportati dal pegno mobiliare non possessorio, si auspica una sua pronta implementazione nel nostro sistema giuridico, così da sbloccarne le potenzialità economiche e i suoi benefici effetti sul mercato del credito.

La misura, infatti, riesce ad arginare la parziale rigidità del sistema del credito italiano, coniugando un alto grado di protezione del creditore con le esigenze produttive del tessuto imprenditoriale, così contribuendo ad un efficientamento del mercato del credito e, di conseguenza, della produttività delle imprese italiane.

[1] Agenzia delle Entrate, Provvedimento 12 gennaio 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 gennaio 2023, “Approvazione delle specifiche tecniche per la redazione delle domande e dei correlati titoli, nonché per la relativa trasmissione al conservatore. Modalità per la registrazione dei titoli, secondo le procedure telematiche di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81”.

[2] P Piscitello, Il pegno rotativo ex lege, in Banca Borsa Titoli di Credito, 3, 1, pp. 337 e ss., 2022 in particolare sez. 3 e sez. 5

[3] R. Marino, Il pegno non possessorio quale strumento funzionale all’autotutela satisfattiva del creditore: profili evolutivi, in Banca Borsa Titoli di Credito, 6, 1, pp. 762 e ss., 2018; F. Murino, Prime considerazioni sul cd. Pegno non possessorio, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2, pp. 231 e ss.. 2017.

[4] Decreto Interministeriale MEF/MG 25 maggio 2021, n. 114 “Regolamento concernente il registro dei pegni mobiliari non possessori”.

[5] Decreto Legge 59/2016, “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione”.

[8] M. Zanotelli, Beni mobili e immateriali: pegno non possessorio “a tutto campo”, in Guida normativa, 2016.

[9] Contra, si veda L. Viola, Pegno non possessorio, in Treccani – Diritto on Line, 2017.

[10] M. Campobasso, Il pegno non possessorio. “Pegno”, ma non troppo, in Le Nuove Leggi Civili commentate, 3, pp. 703 e ss., 2018, in particolare sez. 3

[12] In dottrina, si veda, a favore del pegno non possessorio su quote di SRL, F. Murino, op. cit.. Contra, invece, si veda M. Campobasso, op. cit., p. 709.

[13] Banca Mondiale, Doing Business 2016 – Measuring Regulatory Quality and Efficiency, 2016, consultabile presso < https://www.doingbusiness.org/content/dam/doingBusiness/media/Annual-Reports/English/DB16-Full-Report.pdf>

[15] Si veda la Relazione illustrativa del d.l. 3.5.2016, n. 59, Atto n. 2362 del Senato della Repubblica, consultabile presso: <https://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/46821_testi.htm>

[16] P. Sol, Dal pegno non possessorio liquidità da 7,7 miliardi per le aziende, in Il Sole 24 Ore, 2 febbraio 2023, consultabile presso <https://www.ilsole24ore.com/>

[18] E. Galanti, Garanzia non possessoria e controllo della crisi di impresa: la floating charge e l’administrative receivership, in Quaderni di ricerca giuridica, 51, 2000, pp. 44-46.

[19] P. Soldavini, Il magazzino? Adesso può essere cartolarizzato per finanziare l’azienda, in Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2022, consultabile presso: <https://www.ilsole24ore.com/art/il-magazzino-adesso-puo-essere-cartolarizzato-finanziare-l-azienda-AEV6Sk2B>

[21] S. Davini, Il pegno mobiliare non possessorio in un’ottica di impresa e finanziaria, in Diritto Bancario, 2023

[23] Si veda la possibilità di costituire pegno sui prosciutti a denominazione di origine tutelata (art. 2 l. 24.7.1985, n. 401) e sui prodotti lattiero-caseari a denominazione di origine a lunga stagionatura (art. 7, l. 27.3.2001, n. 122).

[24] E. Galanti, op. cit., p. 46

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