Lavorare al tempo del climate change: troppo caldo in fabbrica e nei campi, aumentano le vittime- Corriere.it

2023-02-28 14:04:14 By : Mr. Jacob Liu

Una norma che, a livello europeo, prescriva la temperatura massima dei luoghi di lavoro : è ciò che, lo scorso 25 luglio, la Confederazione Europea dei sindacati (CES) ha chiesto alle istituzioni del Vecchio Continente. «Due lavoratori – si legge nell’intervista dei sindacalisti a Le Monde – sono venuti a mancare per un colpo di calore in Spagna, la scorsa settimana –. In Francia, un Paese che non ha limiti di temperatura sul lavoro, nel 2020, 12 persone sono decedute a causa di incidenti legati al caldo estremo ». In Italia si contano circa 4 mila incidenti sul lavoro correlabili, ogni anno, alle alte temperature in fabbriche, campagne e uffici. Le conseguenze delle temperature elevate in termini di patologie mediche sono impressionanti: comprendono aritmie, dermatiti, diminuzione dei riflessi (pericolose per chi lavora a macchinari o guida veicoli) e malori.

In Italia il quadro di luglio è drammatico: 4 morti sul lavoro per il super caldo. Una circolare Inail raccomanda il ricorso alla cassa integrazione oltre i 35 gradi. Ma in Slovenia e Ungheria bastano medie supewriori ai 27-28 gradi. Mentre la Francia non ha limiti (e conta più vittime). Sotto pressione gli ospedali di 33 città: in due settimane 733 decessi per malori conseguenti il clima torrido. Chi lavora al caldo dovrebbe bere almeno 3 bicchieri d’acqua ogni ora

In Italia, nelle prime due settimane di luglio — secondo i dati rilasciati ieri dal ministero della Salute — il caldo ha provocato un tasso di mortalità accresciuto del 21%, per un totale di 733 decessi nelle 33 città monitorate (alcuni legati ad attività professionali), some sottolinea sul Corriere della Sera Margherita De Bac. Già nel mese di giugno – notano i tecnici di viale Ribotta – il tasso di mortalità risultava incrementato del 9% rispetto alla norma. Colpa del clima impazzito: del resto, a maggio i termometri segnavano +3.2°C in riferimento alla media stagionale . Quello del 2022 sarebbe poi stato, a detta del Copernicus Climate Change Service (C3S), il sesto luglio più caldo della storia europea.

Un clima simile è mortifero: lo sanno bene le famiglie dei quattro lavoratori che, il mese scorso, hanno perso la vita in Italia a causa di eventi riconducibili a “stress da calore” . Non sono soltanto i braccianti e gli operai edili , esposti a condizioni talora disumane a fronte di paghe irrisorie, a perire: nell’elenco dei caduti, trovano spazio anche i lavapiatti stagionali e i dipendenti delle fabbriche . «Come associazioni di categoria – ha spiegato Massimo Chiarelli, direttore di Confagricoltura, al Corriere del Veneto –, diffondiamo ogni anno un decalogo da seguire per scongiurare i colpi di calore in campagna . E, capiamoci, questo è un tema legato alla sicurezza sul lavoro, né più né meno di altri».

La legislazione comunitaria in materia è frammentaria: se ai lavoratori belgi sottoposti ad uno sforzo fisico gravoso spetta il diritto ad operare in un ambiente non eccedente i 22 gradi centigradi, a quelli sloveni ed ungheresi vengono garantiti dei tetti rispettivamente pari a 27 e 28 gradi centigradi. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, invece, vedono nell’intervallo fra i 16°C – 24°C la condizione ideale per lavorare ; al di sopra di tali valori, stando alle stime dell’European Trade Unions, il rischio di infortuni sale del 5 – 7% (varcati i 30°C) e del 10 – 15% (per i 38°C). E in Italia? Lo Stato, dal 2016 (circolare Inps n. 139/2016 ribadita a luglio 2022 dalle raccomandazioni dell’Inail), offre alle industrie la possibilità di ricorrere alla Cassa integrazione ordinaria soltanto in caso di temperature superiori ai 35°C (percepiti e/o reali) .

I responsabili della sicurezza interessati ad accedere ai contributi devono segnalare il numero di giornate in cui intendono sospendere o sottodimensionare l’attività lavorativa, accompagnandolo col genere di attività in programma. Il legislatore impone che ogni azienda rediga annualmente il “Dvr” per minimizzare il rischio di morti sul lavoro (comprese quelle dovute agli eventi meteorologici) , ma la realtà procede parallelamente teoria. Certo, va sempre meglio che in Iran dove, scrive il sito della Bbc, il Governo avrebbe concesso ai dipendenti pubblici soltanto la settimana scorsa – dopo settimane di caldo e tempeste di sabbia – di rimanere a casa a causa dei 50°C di temperatura.

I più esposti al clima impazzito

Torniamo in Italia. Sebbene nel “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro” si legga che i lavoratori «nei luoghi di lavoro chiusi, (…) devono disporre di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione», la maggioranza delle fabbriche metallurgiche, metalmeccaniche, siderurgiche e di stampaggio sono prive di climatizzazione . Non di rado, il tipo di operazioni condotte rendono necessario l’abbigliamento antinfortunistico (scafandri, visiere etc.) che aggrava la morsa di un caldo già opprimente . Per non parlare delle mascherine di comunità, ancora obbligatorie. Non sono solo le realtà piccole ad avere meno a cuore l’impatto del climate change: perfino le Carrozzerie di Mirafiori, di proprietà del colosso automobilistico Stellantis, sono recentemente divenute teatro di una protesta della Fiom «contro i ritmi di lavoro troppo intensi che con il caldo insopportabile di queste settimane procura moltissimi disagi alle lavoratrici e ai lavoratori». E sempre nel Torinese, il 22 luglio, sottolinea la stessa Fiom, è «morto per un malore un operaio alla Dana Graziano di Rivoli».

Gli infortuni dovuti al caldo

La stessa Inail stima che, nello Stivale, siano oltre 4 mila l’anno gli infortuni correlabili al caldo . Tra i più esposti figurano gli operai addetti al trasporto e alla produzione di materiali, gli addetti ai macchinari e agli utensili e quelli che lavorano all’aperto. Come i manovratori, gli installatori, gli asfaltatori, i cantonieri stradali, gli agricoltori, gli impiegati nel settore dell’elettricità, gas e acqua . Ritmi serrati, grazie anche agli incentivi e al boom del mattone, per l’edilizia. «Il caldo come fattore di rischio in cantiere – conferma Pietro De Angelis di Feneal Uil – è ancora troppo spesso sottovalutato . Quest’anno, alla luce della particolare situazione, persino l’Ispettorato del lavoro nazionale ha diramato una nota su controlli anti-caldo ». La ricetta che stanno adottando i muratori veneti? Andare al lavoro alle 6 del mattino e premunirsi portandosi tanta acqua. Ci sono categorie di lavoratyori pèiù edsposti al caldo che, in base ai consigli degli esperti, dovrebbero «assumere liquidi almeno 500-750 ml di acqua (due-tre bicchieri) prima di iniziare il lavoro e la stessa quantità di acqua per ogni ora di lavoro svolta».

Il decalogo sulla sicurezza e cosa fanno le amministrazioni

Le dieci raccomandazioni che lo Stato rivolge ai datori per minimizzare l’insorgenza di patologie da calore negli ambienti di lavoro insistono su un’adeguata turnazione e, se le mansioni son svolte all’aperto, sulla predisposizione di aree ombreggiate . Son sempre di più, tuttavia, gli amministratori locali pronti ad inasprire le norme a tutela dei lavoratori. Per esempio, il sindaco della cittadina salentina di Nardò, Pippi Mellone, ha proibito, dalle 12:30 alle 16, di lavorare presso i campi comunali . La decisione assunta si basa sui dati acquisti grazie al progetto “Worklimate” di Inail e CNR, che rende disponibili sul sito web worklimate.it le mappe nazionali di previsione del rischio di esposizione occupazionale al caldo. Se volete saperne di più, non mancate di consultare il loro Report su caldo e lavoro 16 maggio-7 agosto 2022.

di Milena Gabanelli e Massimo Sideri